... and we always forget Egalité/...ci dimentichiamo sempre dell' Egalité!

Ci sono voluti svariati giorni prima che io riuscissi a commentare l’ attentato alla redazione del periodico Charlie Hebdo e le successive morti.  Lo faccio dopo che l’imponenza della manifestazione che si è svolta a Parigi domenica scorsa (11 gennaio) ha avvolto i media europei in una spirale di melensa autocelebrazione. La manifestazione di domenica dimostrerebbe che l’Europa sarebbe in grado di sconfiggere il terrorismo e di trasformarsi nella tanto attesa Europa dei popoli stringendosi ben salda intorno a uno stendardo dove stanno scritte a chiare lettere le parole Liberté, Fraternité, Egalité.
Peccato che nessuno o quasi nessuno dica che, sì, nelle nostre civiltà occidentali abbiamo libertà a cui molti di noi rinuncerebbero volentieri, come la libertà di assistere in diretta alla morte di altri concittadini. Abbiamo però scarsissime pratiche di Fraternité e, se possibile, ancor meno tentativi di rinunciare ai nostri privilegi per stabilire più Egalité.  In società come le nostre, dove le diseguaglianze sono lasciate prosperare queste si sommano l’una all'altra fino a diventare baratri. Sono baratri, questi, che nessuna preghiera per la pace, nessun desiderio di fratellanza potrà poi attraversare. In effetti, sono baratri che si attraversano solo con pericolo di vita. E il terrorismo   – soprattutto se kamikaze – simboleggia questo: è il preferire la morte alla vita per sancire la certezza di una estrema uguaglianza, visto che nella morte siamo tutti uguali mentre in vita siamo tutti diversi.

Io credo che di fronte ai fatti di Parigi noi Focusers dobbiamo mobilitarci perché abbiamo una responsabilità nei confronti delle nuove generazioni.  In effetti, con il Focusing noi abbiamo il potenziale per stabilire comunità che praticano quella forma di uguaglianza in vita che è la sorellanza/fratellanza nella diversità
Le nostre partnership sono esempio di questo. La diffusione internazionale del Focusing in 50 diversi paesi ne è un altro. Specialmente, ne è un esempio il Focusing interattivo che, praticato in partnerships di adulti di culture diverse può essere usato per affrontare empaticamente le proprie diversità culturali.
Tuttavia, per evitare i baratri di cui parlavo prima mi sembra necessario che il Focusing interattivo sia praticato anche prima dell' età adulta, dagli studenti nella scuola dell' obbligo tramite i loro insegnanti, appositamente formati a questa applicazione del Focusing. Per questo, voglio lanciare da questo blog un' idea che spero possa essere fatta propria dal nostro International Leadership Council (recentemente formatosi). Potremmo formare un gruppo internazionale di insegnanti nelle scuole dell' obbligo, di Focusing Trainer specializzati nel Focusing per bambini o in psicologia dello sviluppo (io ho la seconda specializzazione) per scrivere insieme un libricino di esercizi di Focusing sottoforma di gioco, da fare in classe in coppie per aiutare i nostri studenti a sviluppare un felt sense delle proprie diverse identità culturali. Il libricino, tradotto in lingue diverse, potrebbe essere finanziato dai Ministeri della Pubblica istruzione nazionali e distribuito nelle scuole dove più alta è la percentuale dei bambini nati da genitori stranieri o anche nelle classi di italiano per rifugiati politici. Che ne pensate?  Attendo i vostri commenti!

And now in English:

It took several days before I could comment on the Al Qaeda attack in Paris at the periodic Charlie Hebdo and subsequent deaths. I do it after the grandeur of the event which was held in Paris last Sunday, January 11th, has wrapped the European media into a spiral of self-congratulatory saccharine. The parade on Sunday should show that Europe is able to defeat terrorism by turning  into the long-awaited Europe of peoples, at last clutching firmly around a flag where the words Liberté, Fraternité, Egalité are written in capital letters.
Too bad that no one - or almost no one - dares to say that, yes, in our Western civilization we have a kind of freedom that many of us would willingly surrender, such as the freedom to watch live the death of our fellow citizens. Furthermore, no one says that we have very little practical Fraternité and - if at all possible - even fewer attempts to give up our privileges to establish more Egalité. In societies such as ours, where the inequalities are left to thrive, they will add up to one another to become permanent chasms. These are chasms that no prayer for peace, no desire for brotherhood will be able to cross. In fact, they are chasms that are crossed only with some life risk. Terrorism - especially if kamikaze - symbolizes the preference of death over life in order to establish the certainty of extreme equality, that is to be found in death only, given that in life we are all different.

After the facts in Paris, we Focusers have to become active and show that we care for the new generations. We cannot waste our potential to establish communities that practice that form of equality in life that is  sisterhood /brotherhood in the acceptance of diversity.
Our partnerships are an example of this practice. An example is also interactive Focusing practiced in partnerships of adults of different cultures in order to to deal empathetically with their cultural identities.
However, to avoid the chasms mentioned earlier, interactive Focusing should be practiced even before the adulthood, by children in the schools under the supervsion of their teachers, especially trained for this application of Focusing. I want to launch in this blog an idea of mine that I hope will be taken up by our International Leadership Council (recently formed). We could start an international group of teachers in schools,  Focusing Trainer specialized in Focusing for children or in developmental psychology (I have the latter specialization) to write together a booklet of exercises to help our students develop a felt sense of their different cultural identities. The booklet, translated into different languages, could be financed by the national Ministries of Education and distributed in the schools with a high percentage of children born to foreign parents and in language classes for refugees. What do you think? I wait for your comments!

Commenti

  1. Cara Meg,
    Io credo che le tre parole scritte a chiare lettere sullo stendardo possano essere oggi rappresentate da un solo sostantivo, che ne è la sintesi: Tranquillité.
    Persone libere che vivono in fratellanza in una società equa, sono persone tranquille. Questo se valeva ai tempi della rivoluzione francese, quando ancora non c’erano kamikaze a insanguinare le strade, vale ancor di più oggi sebbene i nostri cassonetti della spazzatura siano ricolmi di quel pane allora tanto agognato.
    E’ evidente che all’interno delle nostre organizzate società europee, e lasciando da parte per un momento le relazioni con altre culture, la Tranquillité assume sempre di più la caratteristica di un bene prezioso.
    E sono d’accordo con te sui media europei, ai quali aggiungerei anche la quasi totalità della classe politica, che in un delirio di autocelebrazione spacciavano come libertà irrinunciabili disegnare vignette e attraversare frontiere senza mostrare passaporti.
    Queste sono le sole libertà che ho sentito difendere a spada tratta. Nient’altro.
    Come conseguenza l’ulteriore riduzione di tranquillité, già afflitta dal capitalismo, dalla disoccupazione dalle ineguaglianze di quelle persone che io credo (voglio credere) siano la stragrande maggioranza, che pur sfilando per le strade di Parigi con la pettorina “Je suis Charlie”, non farebbero mai battute spiritose a un caro amico sapendolo permaloso.
    Insomma, in questa società reale, e fino a quando non troveremo una soluzione radicale del problema, per salvaguardare la nostra tranquillità dobbiamo rinunciare a qualche libertà.
    Dobbiamo fare come quelli (e sono sempre di più) che fanno installare le grate alle finestre, e per “stare tranquilli” nei riguardi dei ladri accettano di passare i loro periodi domestici in regime di auto reclusione.
    Dobbiamo abbandonare il nostro dualismo che ci fa sentire forti e fieri solo quando siamo in tanti. In tanti consideriamo aberranti i cancelli alle frontiere della grande nazione ma poi mettiamo le grate ai nostri miniappartamenti.
    Così non ci difendiamo. Loro non hanno bisogno delle masse. Loro sono pochi e desiderano ardentemente di essere considerati eroi sacrificando la loro stessa vita.

    Tutto questo ovviamente in attesa di trovare una soluzione definitiva del problema. Una soluzione allargata a nazioni e culture diverse in cui una volta tanto lo “spread” assume un significato positivo.
    Allora applausi alla tua idea dell’utilizzo del focusing, già così diffuso. Ma non solo, ogni altro argomento di interesse comune, anche il più frivolo, può essere utile allo scopo. Per esempio mi sto favorevolmente accorgendo, pur non essendo affatto un appassionato, del potere che il gioco del calcio ha nell’unire genti di culture molto diverse, in contrapposizione all’odio che genera invece tra città europee, spesso inversamente proporzionale alla loro distanza.
    Infine i bambini. E’ solo su di loro che possiamo puntare le nostre “fiches” per la loro e la nostra salvezza.
    Non abbiamo alternative e nemmeno tempo da perdere, sappiamo quanto velocemente un bambino diventa adulto!
    Speriamo di farcela in una generazione.

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  2. Grazie Nestore per questo bel commento! La tua mi appare come una prospettiva adulta e ragionevole. Vivere all' estero, come tu stai facendo e io ho fatto per anni, aiuta senz' altro a mettersi nelle scarpe degli altri ma restando sui propri piedi. E questa è anche una ricetta per l' empatia, l' unico modo per entrare in contatto con gli altri senza demonizzarli e senza appiattire le differenze.

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